Lo Scultore

L'Eplattenier si conquista il privilegio di eseguire, ancor giovane, un importante monumento.

Nel 1898, Il popolo "neuchatelois", per commemorare il cinquantenario dell' avvento della repubblica, aveva edificato un monumento nel capoluogo del cantone. Spinta dalla rivalità della commemorazione, la seconda città del cantone, "La Chaux de Fonds", volle anch'essa il proprio monumento, tanto più che la rivoluzione era partita dalle montagne. L'Eplattenier, allora sconosciuto, uscì vincitore dalla serie di concorsi in cui si misurarono tutti gli scultori svizzeri.

Aveva cercato e studiato a lungo: studi preliminari rivelano che aveva immaginato dapprima il violento movimento di una "marcia in avanti", poi però modifica il progetto, che da dinamico diventa statico, verticale, e trasporta invece il movimento nei volti. Destinato ad essere collocato al centro di una piazza, il monumento doveva potersi vedere circolarmente. L'artista concepì quindi, sul lato rivolto alla città, una alta figura di donna, le braccia alzate, intenta a gridare "alla armi": La Repubblica. A Sud, direzione Neuchâtel, un operaio in tuta, armato, indica la via presa dalla colonna dei rivoluzionari, mentre il comandante della spedizione, Fritz Courvoisier, appare nobilmente ad est, di fronte alla via cui ha dato il nome. A Nord, un bel tamburo batte la carica. Il regime rovesciato è simboleggiato da un' aquila, a terra, dalle ali riccamente decorate. In cima volteggiano le pesanti pieghe della bandiera.

Eseguito in bronzo, il monumento è di una singolare potenza. E' stato considerato esageratamente massiccio; forse, ma vero è che trasuda una fiera originalità. Opera dei begli anni di gioventù, è spesso, autentico concentrato di freschezza ed entusiasmo, molto più vero, nella sua essenza, del secco e scolastico marmo del monumento di Neuchâtel.

Nel 1917, L'Eplattenier aveva eseguito il monumento Numa Droz, che si eleva sulla piazza della stazione di La Chaux-de-Fonds. Con eguale franchezza di critica, quest'opera manca di concentrazione e di unità, anche però puntualizzando che il problema era terribilmente arduo. L'uomo politico, riprodotto in bronzo, seduto in poltrona, è un buon ritratto realistico, ma si addossa ad un alto stelo di calcare, su cui, in basso rilievo è raffigurata una Helvezia stilizzata. Inoltre, da entrambi i lati della stele parte un muro basso, ad incavi trasformati in fontane, che allarga la composizione senza però arredarla. L'opera non manca certo di bellezze particolari, ma non è "riuscita".

Nell' avventura artistica, spesso non c'è peggior ostacolo di un sentimento d'insoddisfazione interiore, ma quelli che conoscono il coraggio dell' artista sanno che andrà oltre. Ed infatti è cosa fatta sette anni più tardi, con "la sentinelle des Rangiers": alla magnificamente semplice ed austera, gloriosa massa portata ad un giusto carattere di genialità. Non è un soldato, è Il Soldato Svizzero, volto imberbe e puro, di cui gli occhi adombrati dalla visiera del "kepi'" non sono che sorveglianza. Ed il rude blocco, che pare scaturire dalla terra, è concepito architetturalmente: coordinando i componenti del paesaggio, ne libera l'espressione; suscita, come riscontrato dal critico Rodo Mahert, una sorta d'unità morale.

Meno di tre anni dopo, nel 1927, l'alto rilievo che arricchisce l'atrio del Museo di "La Chaux-de-Fonds" era collocato, amalgamato all'architettura tantopiù' che in questo caso l'architetto e lo scultore erano tutt' uno. Esposto ad Ovest, il soggetto fronteggia la luce. E' un Efebo, che, brandita la torcia, si issa su di un Pégaso cabrato sulle nubi. Con il gioco movimentato dei piani, il suo classico equilibrio e la sua potenza, quest' ultima grande scultura testimonia pienamente la maestria raggiunta dall'uomo maturo.

Le sculture di media grandezza divergono di carattere a seconda della loro destinazione; la più antica è réalista, studio approfondito d'un bell'atleta in invocazione: le braccia alzate, tutta dorata, appare con dignità sul punto culminante del crematorio. Realista anche la recente "Linder": non ha la genialità di "L'homme qui marche" di Rodin, ma sono colte e capite testa e braccia; l'una, ben caratterizzata, presiede all'irresistibile movimento in avanti, mentre le altre ritmano la marcia. Esattamente qui si vede l'uomo che, per due volte ha vinto la corsa tra Parigi e Strasburgo.

Le steli tombali "Mosimann, Gaillard e Guyot", del giardino del crematorio, con delle figure tali che l'addio ed il dolore, appartengono al genere simbolico, così come il monumento ai soldati morti, grande figura di donna, velata e portatrice di fiori, che s'inchina sulla lapide funeraria. Traduttrici d'un sentimento, queste opere ne hanno l'unità e la nobiltà.

Al contrario, le due statue che ornano gli aggetti laterali dell'atrio del Crematorio (pianto della madre e del nonno con il piccolo orfano, sull'urna funeraria) pur se anch'esse sentimentali, rispondono dapprima ad una vista architettonica. L'accordo delle loro linee e dei loro volumi con le linee ed i volumi dell'edificio rappresentava un problema di difficile soluzione, ma perfettamente risolto dall'artista. Come pure, in tutt'altro ambito, dal momento che si trattava solo di un ornamento, lo sono i pavoni e gli arieti magistralmente stilizzati della scalinata interna del museo di belle arti.

La piccola scultura di L'Eplattenier consiste in animali e busti.

Tori o porci, cavalli da tiro, sono tutti degnamente rappresentati e scolpiti per natura.

E tra le altre illustri effigie, è fondamentale non dimenticare la risata gaia e fiduciosa con cui ha illuminato il volto di un bambino.